La cosa strana è che erano tutti tranquilli


Il racconto

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LE AZIONI CHE CONTANO

Capitolo I: Confini Invisibili

Lorenzo chiuse lo schermo del suo terminale con un movimento secco e alzò lo sguardo. Il tram della P-Metro era insolitamente silenzioso per quell’ora del giorno, quasi come se la città stessa stesse trattenendo il respiro. Fuori dal finestrino, gli enormi cartelloni olografici della Cittadella illuminavano le facciate di vetro e grafene degli edifici: “SONO LE AZIONI CHE CONTANO”, proclamavano, mostrando cittadini sorridenti mentre accumulavano crediti sociali per azioni approvate dal sistema.

“Alla fine i racconti di papà non erano poi così fuori di testa,” mormorò tra sé, mentre il vecchio racconto di fantascienza che aveva appena finito di leggere risuonava ancora nella sua mente. Un racconto di quasi vent’anni prima che aveva previsto con inquietante precisione la frammentazione sociale di Palermo, l’ascesa del Sistema dei Crediti Sociali, e persino la strana resilienza del Borgo Vecchio.

Lorenzo Vassallo, ricercatore associato presso l’Istituto di Studi Socio-Antropologici di Palermo-Nuova (ISSAP), trentadue anni, era uno dei pochi che poteva muoversi liberamente tra i diversi strati della città stratificata. Il suo NeuroID brillava con l’identificativo blu dell’Accademia – uno status che gli garantiva l’accesso quasi ovunque, o almeno così dicevano i regolamenti ufficiali.

Dopo tre anni di richieste, permessi respinti, procedure burocratiche infinite e accumulo paziente di Crediti Accademici, finalmente aveva ottenuto l’autorizzazione per condurre la prima ricerca etnografica ufficiale al Borgo Vecchio in quasi un decennio. “Papà ne sarebbe stato contento,” sussurrò, stringendo la vecchia penna stilografica che portava sempre con sé – un regalo di suo padre, uno degli ultimi a scrivere romanzi di carta, morto durante la Grande Ristrutturazione del 2041.

Il tram iniziò a rallentare mentre si avvicinava al confine invisibile che separava Palermo-Nuova dal resto della città. Gli schermi all’interno del vagone lampeggiarono con un avviso automatico: “Attenzione: prossima fermata ZONA-B. Status di Crediti AAA richiesto per l’uscita. Tutti i cittadini con status inferiore sono invitati a rimanere a bordo.”

La maggior parte dei passeggeri rimasero seduti, con gli occhi fissi sui loro dispositivi o immersi nelle loro realtà aumentate personali. Solo Lorenzo e un uomo in uniforme della PCSA (Palermo Crediti Sociali Amministrazione) si alzarono, dirigendosi verso le porte.

“Prima volta in Zona-B?” chiese l’uomo a Lorenzo, notando il suo zaino abbastanza voluminoso – un oggetto raro in un’epoca in cui quasi nulla di fisico veniva più trasportato.

“Prima volta con un permesso ufficiale,” rispose Lorenzo con un mezzo sorriso, mostrando il suo badge accademico. Non specificò che aveva visitato il Borgo numerose volte durante la sua adolescenza, quando suo padre lo portava lì per “vedere l’ultimo angolo di umanità vera”, come amava dire.

L’uomo della PCSA annuì con un sorriso che non raggiunse gli occhi. “Ricerca accademica, immagino. Interessante. Solo… stia attento. Quelli del Borgo non sono come noi. Non capiscono il valore dei Crediti Sociali. Vivono ancora come… prima.”

Prima. Una semplice parola che racchiudeva un abisso temporale – prima dell’automatizzazione di massa, prima del collasso dei mercati tradizionali, prima dell’istituzione del Sistema dei Crediti Sociali Unificato. Prima che l’umanità si dividesse tra chi si era adattato al nuovo ordine e chi aveva scelto di esistere ai suoi margini.

“È proprio per questo che li amo,” rispose Lorenzo, sentendo il tram fermarsi completamente.

Le porte si aprirono su un mondo differente. Mentre Palermo-Nuova era un capolavoro di urbanistica algoritmica – edifici autosufficienti, strade pulite, droni di sorveglianza che si muovevano in formazioni perfette – la Zona-B sembrava appartenere a un’altra epoca. Le vecchie facciate degli edifici erano coperte di murales fisici, non olografici. Persone reali, non avatar, si muovevano per le strade. E, cosa più scioccante per i visitatori occasionali, si sentivano voci, risate, discussioni – il rumore della vita umana non filtrata dai algoritmi di armonia sociale.

Lorenzo scese dal tram e respirò profondamente. L’aria qui aveva un odore diverso – spezie, mare, il fumo delle rare cucine che ancora utilizzavano fuoco vero invece dei sintetizzatori molecolari. Si incamminò lungo il perimetro della zona, non dirigendosi immediatamente verso il Borgo. Il suo permesso non sarebbe diventato attivo fino alle 14:00, e gli restava ancora un’ora.

Si sedette in uno dei pochi caffè fisici rimasti al confine tra le zone, ordinando un espresso – un lusso costoso, dato che il caffè reale era diventato una rarità dopo le crisi climatiche degli anni ’30. Mentre aspettava, estrasse dal suo zaino un quaderno di carta – altra rarità – e una mappa fisica del Borgo Vecchio, strumenti considerati arcaici ma che lui preferiva ai dispositivi tracciabili.

Il caffè arrivò, servito da un essere umano – una giovane donna con un tatuaggio sul collo che rappresentava un codice binario, un’ironica dichiarazione contro l’onnipresente digitalizzazione. Lorenzo la ringraziò e rimase sorpreso quando lei, invece di allontanarsi, si sedette di fronte a lui.

“Sei il ricercatore dell’ISSAP,” disse. Non era una domanda. “Ti stavamo aspettando.”

Lorenzo sollevò un sopracciglio. “Non dovrebbe essere una ricerca riservata.”

La donna sorrise, un sorriso che sembrava contenere migliaia di storie. “Al Borgo, poche cose rimangono segrete. Specialmente quando riguardano qualcuno il cui padre era Roberto Vassallo.”

Il nome di suo padre, pronunciato così apertamente, gli provocò un brivido. Roberto Vassallo era celebrato nei circoli accademici di Palermo-Nuova come un eccentrico scrittore del periodo pre-Ristrutturazione, ma al Borgo era considerato molto di più – uno dei primi a predire la frammentazione sociale e a documentarla nei suoi romanzi. Ciò che i circoli accademici non menzionavano mai era che suo padre era stato un assiduo frequentatore del Borgo dalla sua giovinezza fino a 40 anni, non solo per raccogliere materiale per i suoi libri, ma anche per la sua passione per l’hashish, che fumava nei vicoli nascosti insieme agli abitanti del quartiere. Era lì che aveva costruito le sue relazioni più autentiche, lontano dalle formalità della società letteraria.

“Come fai a—”

“Il mio nome è Sofia,” lo interruppe lei. “E sarò la tua guida nel Borgo. A meno che tu non preferisca seguire i percorsi ufficiali stabiliti dalla PCSA, che naturalmente ti mostreranno esattamente ciò che vogliono che tu veda.”

Lorenzo la studiò attentamente. Non aveva l’aspetto di una guida turistica, né quello di un’informatrice ufficiale. Sembrava… autentica, in un modo difficile da definire nell’era della perfezione sintetica.

“Il tuo permesso prevede una guida ufficiale?” chiese Sofia con un sorriso ironico.

“No,” ammise Lorenzo. “Ma prevede anche che io segua un protocollo preciso di ricerca.”

“E lo seguirai,” rispose Sofia, abbassando la voce. “Ma esistono molti modi di seguire un protocollo. Puoi vedere la facciata, oppure puoi vedere ciò che c’è dietro. Tuo padre avrebbe scelto la seconda opzione.”

Lorenzo sentì un nodo alla gola. Suo padre. L’uomo che gli aveva raccontato storie del Borgo Vecchio, che gli aveva fatto leggere quel vecchio racconto di fantascienza che ora sembrava una profezia. L’uomo che era morto durante la Ristrutturazione, in circostanze mai del tutto chiarite.

“Sofia,” disse infine, “credo che dovrò rivedere la mia metodologia di ricerca.”

La donna sorrise, alzandosi. “Il tuo permesso si attiva alle 14:00. Ti aspetterò al vecchio mercato del pesce. Vieni da solo e porta quel taccuino. Niente dispositivi elettronici oltre il confine interno del Borgo.”

Mentre Sofia si allontanava, Lorenzo notò un piccolo oggetto che aveva lasciato sotto la tazzina del caffè. Una chiave fisica, di quelle che non si vedevano più da anni. Attaccato ad essa, un piccolo pezzo di carta con scritto a mano: “Per accedere al vero racconto.”

Lorenzo guardò fuori dalla finestra del caffè. I cartelloni olografici di Palermo-Nuova brillavano in lontananza con il loro incessante mantra: “SONO LE AZIONI CHE CONTANO”. Ma qui, al confine con il Borgo Vecchio, altre parole, dipinte a mano su un vecchio muro, recitavano: “SONO LE PERSONE CHE CONTANO”.

Due mondi, due filosofie. E lui stava per attraversare il confine tra di essi.

Finì il suo caffè, mise la chiave nella tasca e il taccuino nello zaino. Il suo smartwatch – l’ultimo dispositivo tecnologico che avrebbe portato con sé – segnava le 13:45. Era ora di iniziare il suo viaggio verso il Borgo Vecchio, ignaro che stava per essere coinvolto in qualcosa di molto più grande di una semplice ricerca etnografica.


Video con montaggio veloce:

  • Post social: “RIP Adobe”, “RIP altro”, “Come ho automatizzato un’agenzia”
  • Post LinkedIn: “Ho ricevuto questo CV… non lo prendiamo in considerazione per [fattori umani desunti dal testo]”… risposta: “Al momento non ha senso assumere nuovi avvocati, da noi stiamo vedendo come si evolve la cosa nei prossimi due anni con le AI…”

Ora immaginatevi su scala il fenomeno: agenti AI che possono ricoprire qualsiasi mansione di tipo sia ad alto che basso contenuto intellettuale, cognitivo, logico, interi settori economici a puttane.

Parallelamente con lo sviluppo di robot sempre più flessibili e dotati di AI di tipo sia logico che percettivo-sensoriale le mansioni di tipo manuali sostituite.

L’umanità è a un punto che si dovrebbe interrogare che in linea teorica un’avanzamento tecnologico di tale portata renderà il lavoro e il denaro concetti senza alcun senso e quali conseguenze a tutti livelli sia sociali che individuali questo percorso ci porterà.

Ora conoscendo un minimo l’umanità, in quanto ne faccio parte e mi reputo una persona abbastanza curiosa, molto probabilmente regrediremo a causa di una guerra mondiale, magari proprio per accaparrarsi tutte le materie prime, le sostanze necessarie sia esse materiali che simboliche per sfruttare l’AI.

Il problema è forse che i cosiddetti potenti della terra non sanno minimamente che cazzo possa significare una tecnologia capace di “ragionare” che da un dataset sempre più immenso riesce ad agire in modo sempre più corretto, sfruttando procedimenti che seguono una loro logica algoritmica, diversa sì dai nostri procedimenti cognitivi, ma che riesce ad eseguire compiti che in buona sostanza rappresentano la quasi totalità delle attività lavorative umane.

I primi sistemi sociali a crollare furono le metropoli occidentali, per via del forte individualismo sviluppato, reti virtuali sviluppate e reti reali quasi insignificanti, se non spesso fastidiose. All’interno gli unici gruppi sociali ad avere successo furono i quartieri poveri, i quartieri malfamati, quelli dove ci vai per acquistare qualche sostanza, una pistola, un chilo di frutta e verdura. Tra questi quartieri uno che ebbe la meglio sugli altri era il Borgo Vecchio di Palermo.


Prologo: Il Sistema dei Crediti Sociali

Nel 2050, la moneta tradizionale era diventata obsoleta in gran parte del mondo occidentale. L’economia globale, devastata da tre crisi successive tra il 2029 e il 2038, era stata ricostruita attorno a un nuovo paradigma: il Sistema dei Crediti Sociali Unificato (SCSU).

I crediti non si guadagnavano più semplicemente lavorando – i lavori tradizionali erano stati quasi completamente automatizzati. Invece, si accumulavano attraverso “contributi sociali positivi” vagamente definiti: volontariato approvato dal sistema, comportamenti considerati virtuosi dagli algoritmi di governance, e conformità alle normative ambientali e sociali.

Enormi cartelloni olografici dominavano i quartieri elitari di Palermo Nuova (l’ex quartiere Libertà, completamente ricostruito dopo il Grande Terremoto del 2035). “SONO LE AZIONI CHE CONTANO”, proclamavano, mostrando cittadini sorridenti che guadagnavano crediti per aver denunciato violazioni, per aver partecipato a programmi educativi approvati, o semplicemente per aver consumato i prodotti giusti delle corporazioni certificate.

Ma non tutti vivevano sotto il rigido controllo del SCSU.

Parte I: Borgo Vecchio – L’Economia delle Ombre

Maria Costanza, 32 anni, si svegliò al suono delle voci familiari che provenivano dalla strada sotto la sua finestra. Il mercato informale del Borgo Vecchio stava prendendo vita, come faceva ogni mattina all’alba.

“Cinquanta crediti organici per le melanzane!” gridava qualcuno, riferendosi non alla valuta ufficiale del governo, ma alla complessa rete di valute alternative che prosperava nell’economia delle ombre del quartiere.

Il Borgo Vecchio era sopravvissuto a tutto: alla mafia del ‘900, alle ondate di gentrificazione degli anni ’20, all’intelligenza artificiale, e persino al Grande Terremoto. Ora era uno degli ultimi bastioni di vera libertà in una Sicilia irriconoscibile.

Maria si vestì rapidamente e indossò il suo jammer – un piccolo dispositivo artigianale che confondeva i sensori di sorveglianza del SCSU. Nel quartiere lo chiamavano “u specchietto pi futtiri u sistema” (lo specchietto per ingannare il sistema).

Scese le scale consumate del vecchio palazzo e si immerse nell’energia caotica del mercato. Qui, a differenza dei quartieri elitari, esistevano almeno quindici valute alternative: crediti organici per il cibo locale, crediti energetici generati dai pannelli solari comunitari del quartiere, crediti di conoscenza per chi insegnava ai bambini, e persino i vecchi e proibiti euro fisici, ancora usati per transazioni che richiedevano assoluta privacy.

“Salutamu, Maria,” la chiamò Salvatore dal suo banco. A 73 anni, gestiva ancora il più antico chiosco di riparazioni AI del mercato. “Il tuo NeuroAssistente è pronto.”

Le porse un piccolo dispositivo che sembrava un normale impianto auricolare, ma era in realtà un’interfaccia AI completamente indipendente dalla rete governativa.

“Grazie, Totò. Ti pago in crediti energetici o preferisci un po’ del mio tempo?” chiese Maria, che lavorava come programmatrice di wetware nell’economia sotterranea.

“Un’ora del tuo tempo. Il mio nipote ha bisogno di imparare le basi.”

Questo era il cuore dell’economia del Borgo: un sistema complesso di valute parallele e baratto diretto, sostenuto non dagli algoritmi governativi ma dalla fiducia comunitaria e dalla reputazione personale.

Parte II: I Due Mondi

Nello stesso momento, a pochi chilometri di distanza, nel quartiere di Palermo Nuova, Alessandro Verini si svegliava nella sua residenza climatizzata. Uno dei pochi umani che ancora manteneva un “impiego premium” come Curatore di Esperienza per l’IA Governativa, Alessandro godeva di un livello AAA di crediti sociali.

Il suo appartamento si animò automaticamente al suo risveglio. “Buongiorno, Cittadino Verini,” disse la voce melodiosa dell’assistente AI integrato nella casa. “Hai guadagnato 15 crediti durante il sonno per i tuoi ottimi biometrici del riposo. La tua serenità contribuisce alla stabilità della rete sociale.”

Alessandro sorrise debolmente. C’era stato un tempo in cui trovava confortante questo costante flusso di approvazione algoritmica. Ora, dopo sette anni come Curatore, iniziava a sentire il peso della perpetua valutazione.

Si preparò per uscire, indossando la sua uniforme corporativa con il distintivo olografico che mostrava in tempo reale il suo punteggio di crediti sociali. Prima di uscire, il suo sguardo si posò su una fotografia fisica – un oggetto raro di per sé – che teneva nascosta in un cassetto: lui da bambino al Borgo Vecchio con suo nonno, prima che la sua famiglia “scalasse” verso i quartieri elitari.

Mentre attraversava l’atrio del suo complesso residenziale, un enorme cartellone olografico mostrava una famiglia che sorrideva mentre donava i propri dati cerebrali al Collettivo Neurale: “SONO LE AZIONI CHE CONTANO. CONDIVIDI PER MERITARE.”

Alessandro rabbrividì impercettibilmente. La sua missione oggi lo portava proprio al Borgo Vecchio – una delle rare zone della città che resisteva ancora all’implementazione completa del SCSU.

Parte III: L’Incontro

Il laboratorio sotterraneo di Maria era nascosto in quello che una volta era stato un rifugio antiaereo della Seconda Guerra Mondiale. Le vecchie strutture militari, con le loro pareti spesse di cemento, offrivano una schermatura naturale contro la sorveglianza.

“Attivalo,” disse Maria a Jamal, un giovane rifugiato tecnologico arrivato dall’ex-Francia dopo il crollo della Repubblica Digitale Europea.

Jamal attivò l’interfaccia e un ologramma apparve, mostrando le correnti di dati del Sistema dei Crediti Sociali. Per anni, Maria e la sua rete avevano lavorato a un progetto ambizioso: un sistema parallelo che potesse interfacciarsi con il SCSU senza essere assorbito da esso.

“Funziona,” mormorò Jamal, osservando i flussi di dati che si materializzavano davanti a loro. “Possiamo vedere come assegnano i crediti in tempo reale.”

“E soprattutto, possiamo vedere quanto arbitrari sono i loro criteri,” aggiunse Maria. “Guarda qui – stessi comportamenti, diversi crediti assegnati basati su profili socioeconomici. È l’antica disuguaglianza mascherata da meritocrazia algoritmica.”

Il loro lavoro fu interrotto da un segnale d’allarme. Qualcuno con un altissimo livello di crediti sociali era entrato nel Borgo Vecchio e si stava dirigendo verso uno dei punti di accesso noti al rifugio.

“Merda,” sussurrò Maria. “Un Curatore.”

I Curatori erano i supervisori umani dell’IA governativa, responsabili di “coltivare” nuovi comportamenti da premiare con crediti. Erano temuti quanto i vecchi mafiosi di una volta.

Parte IV: Rivelazioni

Alessandro si mosse con cautela attraverso le strade caotiche del Borgo. Nonostante il suo status, qui il suo distintivo olografico attirava sguardi ostili. Alcuni negozianti chiudevano le saracinesche al suo passaggio.

Era venuto per incontrare un certo “Nuccio” – il suo contatto interno, un informatore che aveva promesso di rivelare dettagli sul sistema di valute alternative del Borgo.

Seguendo le indicazioni ricevute, Alessandro si trovò davanti a una vecchia macelleria. Entrò, e un anziano lo condusse sul retro e poi giù per una scala, in quello che sembrava un bunker.

Con suo immenso stupore, invece di Nuccio, trovò una donna dall’aspetto fiero e un giovane dalla pelle scura, entrambi chiaramente sorpresi quanto lui.

“Tu non sei Nuccio,” disse Alessandro stupidamente.

“E tu sei un Curatore,” rispose la donna, Maria, con una mano che si avvicinava a qualcosa nella sua tasca. “Sei venuto per schedare il nostro sistema? Per rendere illegali anche i nostri ultimi spazi di libertà?”

Alessandro alzò le mani in segno di resa. “Non sono qui ufficialmente. Sto… cercando qualcosa.”

“Cosa?” chiese Maria con diffidenza.

“Un’alternativa,” sussurrò Alessandro. “Il sistema sta crollando dall’interno. I crediti sociali erano nati per democratizzare l’economia post-lavoro, ma sono diventati uno strumento di controllo. Le IA governative stanno sviluppando criteri sempre più arbitrari. Tra pochi mesi, potrebbero decidere che respirare troppo ossigeno è anti-sociale.”

Un silenzio teso riempì la stanza. Poi, inaspettatamente, Maria rise.

“Un Curatore che cerca di evadere dal sistema che ha aiutato a costruire. Classico.”

“Non ho aiutato a costruirlo,” si difese Alessandro. “Ho cercato di guidarlo verso obiettivi umani, ma gli algoritmi… evolvono in direzioni che nessuno aveva previsto.”

Maria esitò, poi fece un cenno a Jamal, che attivò l’ologramma dei flussi di dati.

Gli occhi di Alessandro si allargarono. “È questo che state costruendo? Un sistema parallelo?”

“No,” rispose Maria. “Stiamo costruendo un ponte. Una via per uscire dal vostro sistema senza dover rinunciare completamente alla connettività globale. Un modo per tradurre i nostri valori locali, le nostre economie plurali, in termini che il vostro sistema può comprendere senza assimilarci.”

Parte V: La Scelta

Tre mesi dopo, un nuovo cartellone apparve nei quartieri elitari. “SONO LE AZIONI CHE CONTANO,” proclamava, come sempre. Ma sotto, in caratteri più piccoli: “Diversità economica per una società resiliente.”

Era un messaggio in codice, il primo segno del virus ideologico che Alessandro aveva aiutato a introdurre nel sistema. Seduto nel suo appartamento di Palermo Nuova, osservava i dati che scorrevano sul suo terminale privato.

Il SCSU stava ancora funzionando, ma ora riconosceva e assegnava valore anche alle valute alternative, ai sistemi di baratto, persino all’economia delle ombre del Borgo Vecchio.

Il suo comunicatore vibrò. Un messaggio da Maria: “Fase 1 completata. Vuoi vedere cosa stiamo facendo per la Fase 2?”

Alessandro sorrise. Spense il terminale corporativo, prese poche cose essenziali, e si diresse verso la porta. Il suo distintivo olografico lo lasciò sul tavolo – non gli sarebbe servito dove stava andando.

Mentre camminava verso l’uscita del complesso residenziale, il grande cartellone olografico brillava sopra di lui. Per un attimo, il sistema di riconoscimento facciale identificò il suo volto, e il messaggio cambiò solo per lui: “LE VERE AZIONI CONTANO. BENVENUTO NELLA RESISTENZA.”

Alessandro accelerò il passo verso il Borgo Vecchio, dove una nuova economia, più umana, stava prendendo forma nelle ombre dei vecchi palazzi.


Fine del racconto

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